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Gli artisti presenti al Museo del Paesaggio di Verbania: Arturo Martini

Nasce a Treviso nel 1889 da una famiglia di condizioni economiche disagiate.


Nel 1907 è iscritto alla Scuola libera di Nudo all’Accademia di Belle Arti di Venezia, nello stesso anno scolastico di Boccioni, e nel 1908 partecipa alla prima Esposizione di Ca’ Pesaro.


Nel 1912 compie il suo primo importante viaggio a Parigi, insieme all’amico pittore Gino Rossi, dove gli amici espongono con De Chirico e Modigliani.


L’anno dopo realizza la sua personale all’Esposizione di Ca’ Pesaro, dove espone i capolavori giovanili di scultura, cheramografia e grafica.


Nel 1914 rifiutato all’Esposizione della ‘Secessione’ di Roma con l’opera la prostituta considerata pornografica, riesce comunque a partecipare all’Esposizione Libera Futurista di Roma, nonostante egli non aderì mai al Futurismo.


E’ chiamato alle armi nel 1916, ma con una serie di espedienti riesce ad evitare il fronte; e si trasferisce a Faenza dove riprende a modellare ceramiche, in cui è evidente il richiamo alla severità della tradizione.


Frequentando successivamente il salotto della Sarfatti, ha la possibilità insieme a Funi e Venna di trascorrere un periodo di lavoro a Rovenna, sul lago di Como. Questo ritiro da lui chiamato “il periodo serio” segna un passo avanti nella sua ricerca, verso l’approdo a “Valori Plastici”.


La primavera successiva, nel 1920, Martini sposa Brigida Pessano di Vado Ligure, paese dove andranno a vivere.


Nel 1921 per interessamento di Carrà, entra nel gruppo della rivista di “Valori plastici”, che segna un momento fondamentale della produzione di Martini, unico scultore del gruppo che annovera artisti come Carrà, De Chirico, Savinio.


Il suo primo impegno pubblico avviene nel 1924 con il Monumento ai Caduti collocato a Vado Ligure.


Tra il 1921 e il 1928 vive e lavora tra Vado Ligure, Roma e Anticoli Corrado, dove s’impegna nella grafica e nella pittura, tecniche che permettono un più ampio mercato. La produzione di questo periodo è stilisticamente impacciata, in cui ad immagini realistiche di modello ottocentesco, alterna altre di un primitivismo prossimo alle figurazioni infantili. E’ di questi anni lo stretto sodalizio che stringe con l’artista Maurice Sterne, durato cinque anni e che portò non pochi dissidi.


Nel 1926 conosce l’architetto genovese Mario Labò che lo convince a ideare una serie di ceramiche che espone l’anno successivo alla sua Personale a Milano presso la Galleria Pesaro.


Insegna all’Istituto Statale per le Industrie Artistiche di Monza chiamato da Guido Stella, e conosce Egle Rosmini con cui convive, dapprima saltuariamente, fino al 1946 ma mantenendo stretti legami con la famiglia.


Superato il periodo di crisi creativa, partecipa a varie Esposizioni ricevendo riconoscenze, ed alternando la lavorazione della terracotta in argilla refrattaria, alla pietra delle cave di Finale Ligure, al marmo di Carrara.


Nel 1941 accetta di insegnare all’Accademia di Venezia, ma si fa presto sostituire per far fronte agli impegni per opere civiche.


Tra Venezia e Rosà (Vicenza) svolge un’intensa attività sperimentale, in gran parte distrutta e in parte documentata. Nel 1944 conclude definitivamente le lezioni all’Accademia con la pubblica dichiarazione della “morte della scultura”; tale provocazione sarà pubblicata nel libro La scultura lingua morta affidato a Silvio Branzi.


Nel 1946 realizza un gruppo di terrecotte che cede in gran parte alla Galleria del Milione; alcune vengono spedite alla moglie, altre a Egle Rosmini, la quale si è ritirata a Selasca, sul lago Maggiore, e dove Martini viene almeno due volte.


Deciso a tornare con la famiglia a Vado Ligure, muore improvvisamente a Milano nel 1947.


 


 


Egle Rosmini dedicò la parte rimanente della propria vita a difendere la memoria di Martini in modo concreto e attivo.


Nel dicembre del 1979 la signora Rosmini propone al Museo del Paesaggio la donazione e l’acquisto di un numero importante di opere dell’artista. Le opere acquistate vengono presentate al pubblico nel maggio del 1980.


L’acquisizione, che costituisce un richiamo di dimensione internazionale, informa su aspetti poco noti dell’attività di Arturo Martini e testimonia alcune tappe della sua ricerca.

Inoltre Egle Rosmini lascia al Museo del Paesaggio materiale documentario, bibliografico, fotografico, che ci da informazioni interessanti sulle tecniche e sulle soluzioni ricercate da Martini, spinto dal desiderio incessante di esplorare e di provare.

Busto di ragazza, 1921, terracotta

 

Testa di giovinetta, 1947, terracotta

 

A cura di: Boglioni Daniela