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La Cooperativa Scalpellini di Mergozzo

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Tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900 la zona fu interessata da alcuni cambiamenti sociali ed economici ragguardevoli, basti pensare ad esempio all’arrivo della ferrovia e all’apertura del tunnel del Sempione. Inoltre le migrazioni stagionali di molti lavoratori avevano fatto sì che essi entrassero in contatto con le idee socialiste che andavano diffondendosi in Europa come del resto in Italia. In questo contesto si inseriscono le esperienze di associazionismo e cooperative ed in particolare quella della: “Cooperativa di produzione fra i lavoranti scalpellini e mestieri affini di Mergozzo”, fondata nel 1902.

Cava di granito Bianco sul Montorfano

 

Mergozzo, visto dall'omonimo lago

 

Il Montorfano con le cave

 
Aspetti storici:
Il 27 aprile 1902, cinquanta scalpellini mergozzesi hanno sottoscritto lo: “ Statuto organico della cava cooperativa per la produzione e lavorazione di graniti” nel quale si afferma che lo scopo principale era quello di: “procurare qualsiasi genere di lavoro in granito ai soli soci, di trattare per lo smercio coi privati, colla facoltà di ardire alle aste pubbliche, e di rendere partecipi i soci stessi di tutto l’utile che dall’esercizio delle cave si ricaverà”. Ogni aderente doveva essere in possesso delle quote dell’associazione (10 lire l’una) ma non poteva possedere  più di 10 quote, inoltre, tutti  i soci, indipendentemente dal numero di quote possedute, venivano trattati allo stesso modo. Un importante atto della cooperativa fu quello di richiedere al comune la possibilità di ottenere la concessione in esercizio di due cave dismesse sulle pendici del Montorfano. Il comune accolse la richiesta. Ci furono comunque problemi per la mancata redditivià delle cave ma l’esperienza andò avanti e nel 1907 l’associazione degli scalpellini di Mergozzo, insieme ad altre cooperative operaie della zona, partecipò alla costituzione della Cooperativa Scalpellini del Lago Maggiore, con sede sociale a Gravellona Toce. In questo modo si ebbero maggiori disponibilità finanziarie che permisero uno sviluppo della cooperativa mergozzese. L’esperienza ebbe poi nuovamente momenti difficili anche in relazioni alle vicende socio-politiche che precedettero lo scoppio della prima guerra mondiale.  Negli anni della guerra, ad un certo punto cessò anche l’estrazione del materiale della cava. L’attività riprese però anche nei difficili anni del dopoguerra e riuscì ad andare avanti, nonostante l’avvento del fascismo, fino al 1940.
Narrazioni:
Nella  lettera di richiesta di poter gestire due cave presentata al comune leggiamo uno spaccato della realtà sociale dell’epoca. “Una gran parte degli scalpellini di Mergozzo costretti fin allo scopo di emigrare in lontani paesi per procurarsi coll’onesto lavoro il necessario pel proprio mantenimento e delle rispettive famiglie, in vista di un migliore avvenire, ed ormai stanchi di dover come per il passato ricorrere all’altrui straniera grazia per procurarsi quel pane e quel lavoro che potrebbero senza tante difficoltà e minor disagio, trovare nel loro paese natio, hanno divisato di rivolgersi a loro Egregio Rappresentante il comune per quel valido appoggio che egli senz’altro non gli vorrà negare”. E’ interessante anche notare come avveniva la suddivisione degli utili di esercizio: 50% fondo di riserva 10% devoluto alla scuola di disegno 20% fondo per inabili al lavoro 10% per le vedove dei soci defunti10% suddiviso tra i soci sulla base delle quote. A questo proposito, va ricordato ancora che nessun socio poteva possedere più di dieci quote.
Connessione ad altri temi:
Via della memoria.
Bibliografia:
MAFFIOLI L., Mergozzo nell’ottocento una realtà socio economica tra pubblica assistenza e mutualismo, in Aa.Vv., Storia di Mergozzo dalle origini ad oggi, G.A.M., 2003.

A cura di: Claudio A. Vicari